In rete si leggono sempre più spesso ipotesi che il calo delle borse sia concluso coi minimi di giugno.

Se nel primo trimestre eravamo all’inizio del calo e, a mio avviso, era pericoloso suggerire ingressi, al momento sono rispettabili punti di vista diversi.

Tuttavia, per il mio metodo di lavoro, ritengo che vi siano tuttora elementi che indeboliscono l’ipotesi che il peggio sia alle spalle.

La finanza è complicata in quanto materia non certa, ma in alcuni casi offre letture più semplici di quelle che si fanno, spesso più alla ricerca di trovare conferme a delle idee di partenza che degli scenari più probabili.

Alcune considerazioni frutto dell’analisi degli ultimi 25 anni:

  1. ogni inversione rialzista è avvenuta in presenza di una curva dei rendimenti positiva, mentre l’attuale è invertita;
  2. il minimo è segnato in presenza di una politica monetaria già da diverso tempo espansiva, mentre tutt’oggi la FED sta adottando misure restrittive;
  3. solitamente (escluso il ciclo del 2020 , però distorto da interventi straordinari legati al covid), le borse ripartono dopo aver scaricato gli eccessi (quotazioni, leva, ecc.) che, invece, sono tuttora corposi;
  4. il minimo è segnato con un’impennata di volatilità che manca.

Anche la sola analisi del primo punto, molto semplice e immediata, è sufficiente quantomeno per valutare la possibilità che il minimo non sia ancora stato toccato.

Inoltre, gli eccessi tuttora marcati rafforzano la possibilità che i margini di discesa, nel momento in cui il rimbalzo in corso si esaurirà e la volatilità tornerà a salire, siano piuttosto ampi.

Riccardo Fracasso

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