Come ampiamente atteso, in settimana la Federal Reserve ha mantenuto invariati i tassi al 4,25-4,5%.

Questa decisione interrompe la sequenza di tre tagli consecutivi iniziati a settembre e partiti dal pivot (5,25-5,5%).

Decisione giustificata dai recenti dati che descrivono un’inflazione non ancora domata.

Seppur raffreddate, le aspettative per 1-2 ulteriori cali da qui a fine anno restano intatte, ma molto dipenderà dalle variabili economiche: l’eventuale aumento della disoccupazione favorirà ulteriori interventi espansivi, l’eventuale rialzo dell’inflazione li conterrà.

E se da una parte del mondo prendere decisioni monetarie è complicato, sul fronte europeo è molto semplice: economia che stenta, inflazione abbastanza sotto controllo, ennesimo taglio dei tassi.

Infatti, giovedì la BCE ha abbassato i tassi di un quarto di punto, portandoli al 2,75%, quinto taglio consecutivo.

Le dichiarazioni della Lagarde (“L’economia UE rimarrà debole“, “Il processo di disinflazione è ben avviato“, “Prematuro dire quando ci fermeremo“) portano tutte a nuovi provvedimenti.

Le differenze tra le due aree geografiche, oltre a mantenere una certa appetibilità della parte breve della curva americana, giustificano la maggior forza delle scadenze lunghe dell’Area Euro e del dollaro.

Riccardo Fracasso

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