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Riassunto delle puntate precedenti: nell’ultimo mese attraverso due articoli (‘Quella strana moda’ e ‘Scacco matto in 3 mosse’) ho espresso la mia disapprovazione nei confronti del fenomeno, sempre più in voga, dell’Europeismo, evidenziandone i lati negativi e quindi criticando la rinuncia alla sovranità monetaria, la strada dei Piani di Austerity e l’inserimento in costituzione del pareggio di bilancio.

Le mie ripetute critiche nei confronti dei Piani di Austerity in tempi di crisi trovano un’insperata conferma persino nelle recenti dichiarazioni del capoeconomista di una delle istituzioni che finora le ha sostenute ed imposte: Olivier Blanchard, capo-economista del Fondo Monetario Internazionale.

Non esiste sostenitore più attendibile di una persona che nel farlo è costretto ad ammettere i propri precedenti errori.

Difatti, fino a poche settimane fa, le autorità internazionali (FMI, UE, ecc.) erano concordi nel considerare il moltiplicatore fiscale intorno allo 0,5%.

Che significa? In parole semplici, ogni taglio del deficit di 100 euro, secondo le loro stime, avrebbe causato una riduzione di 50 euro del PIL (quindi della crescita).

Poche settimane fa, invece, è giunto il brusco dietro-front da parte di Blanchard che, esaminando i dati economici raccolti dal FMI di 28 Paesi dallo scoppio della crisi 2008 in poi, in uno studio (“Errori Previsionali di Crescita e Moltiplicatori Fiscali”) ha ammesso che il moltiplicatore fiscale si colloca all’interno di una forchetta che va da un minimo di 0,9% ad un massimo di 1,7%.

In sintesi, ogni taglio del deficit di 100 euro causa una riduzione del PIL tra i 90 e i 170 euro.

Ovviamente, i numeri in gioco sono di MLD di euro.

E’ inoltre evidente che la differenza tra il dato previsto (0,5%) e quanto effettivamente verificatosi (0,9-1,7%) è enorme.

Considerazioni personali:

  • è lecito presumere che quanto più un Paese preso in esame ha adottato un Piano di Austerity basato sul taglio degli sprechi e tanto più il suo moltiplicatore si sia rivelato vicino allo 0,9%; al contrario, quanto più il Piano di Austerity s’è concentrato sull’aumento della pressione fiscale e sul taglio di spese utili (pensioni, istruzione, ecc.) tanto più il moltiplicatore del relativo Paese   si sarà trovato nei pressi della parte alta della forchetta (quindi vicino ad 1,7%);
  • è plausibile altresì credere che quanto più un Paese ha adottato un Piano di Austerity aggressivo e tanto più la crescita del Paese in questione avrà accusato il contraccolpo.

Ora, tornando allo studio del FMI, è alquanto sorprendete quanto sostenuto da Blanchard nel seguente passaggio, parlando dello spread:

 “Per esempio, un aumento degli spread potrebbe anche essere il risultato di una crescita inferiore a quella attesa e anche causa di minore crescita. In tal caso, una crescita economica inferiore a causa dell’austerità potrebbe generare un aumento degli spread, e tali aumenti di spread potrebbero, a loro volta, ridurre ulteriormente la crescita del PIL.”.

Ovviamente, la sorpresa non deriva dai contenuti (espressi più e più volte ed in tempi non sospetti in questo blog) ma dal fatto che l’autore è capoeconomista di una delle istituzioni sostenitrici dei Piani di Austerity.

La sorpresa, purtroppo, accresce nell’apprendere che l’Unione Europea e persino il Fondo Monetario Internazionale stesso, a dispetto dei dati appena descritti, proseguano a suggerire/imporre la strada del rigore ai vari Paesi.

Pertanto, la parola d’ordine continua ad essere quella dell’austerità nonostante lo studio dimostri quanto incida negativamente sulla crescita.

Se lo stesso medico che ti prescrive una cura ammette finalmente per voce di un suo collaboratore di averne sottovalutato gli effetti collaterali ma persiste ad ordinartela, è lecito nasca qualche sospetto che magari ti sei messo nelle mani della persona sbagliata.

E qui forse diventa ancor più giustificato il mio atteggiamento critico nei confronti dell’Europeismo.

L’idea di Barnard (giornalista economico che per primo introdusse la MMT in Italia) secondo la quale dietro a tutto vi sia un disegno pianificato nei dettagli per impoverire l’Area Euro e favorire una ristretta cerchia di persone ed istituzioni appare sempre meno strampalata.

Riccardo Fracasso

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