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All’attesissima riunione della FED, Powell ha annunciato un rialzo dei tassi di un quarto di punto, portandoli quindi dal 4,50-4,75% al 4,75-5%, rispettando le aspettative dei mercati.

Inoltre, ha affermato che potrebbe essere necessario un ulteriore rialzo anche se tale scelta dipenderà dagli “sviluppi economici e finanziari”.

Pertanto, in poche settimane si è passati da una strada che prevedeva rialzi certi e consistenti, a una con un rialzo contenuto (probabilmente un quarto di punto) e, peraltro, condizionato allo scenario.

Si tratta di un cambio di strategia molto rilevante, che rafforza la nostra visione positiva espressa a più riprese sul comparto obbligazionario (mi riferisco in particolar modo alle emissioni con rating elevato).

Powell, rassicurando che “il sistema bancario statunitense è solido e resistente”, ha però spiegato come quanto recentemente successo dovrebbe portare a “un inasprimento delle condizioni di credito per le famiglie e le imprese e pesino sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione”.

Leggendo nemmeno troppo tra le righe: stretta creditizia, recessione, disoccupazione e raffreddamento dei prezzi.

Va da sé che l’ipotesi più compatibile in previsione di questo scenario sia un deciso deprezzamento del mercato azionario.

Sempre il presidente della Banca Centrale Americana ha affermato che “i problemi bancari potrebbero equivalere a un aumento dei tassi o più, ma a questo punto non si può giudicare”.

In altre parole, ciò che non si riesce a ottenere con l’aumento dei tassi, ancora una volta lo si cercherà con la recessione.

Con un post pubblicato a inizio marzo rimarcai un concetto condiviso più volte anche in passato:

“Da questo grafico è possibile notare come in passato la recessione abbia sempre rappresentato un male necessario per soffocare l’inflazione, in particolare quelle più corpose.”.

Giusto questo martedì ho parlato di sentiment e di stretta creditizia:

Il problema, a mio avviso, è più esteso e mi riferisco al sentiment, in senso generale.

Sentiment dei canali di finanziamento, dei consumatori, delle aziende, degli investitori, di tutti.

… L’altro canale di credito dell’economia è rappresentato dai mercati finanziari, tramite l’emissione di nuove obbligazioni, gli aumenti di capitale, le cartolarizzazioni, ecc., operazioni che risentono di un sentiment negativo da parte degli investitori (minor ricorso alla leva, disinvestimenti, ecc.).

In altre parole, il passaggio RISK ON => RISK OFF (propensione al rischio => avversione al rischio) si traduce, sia da parte del canale bancario che di quello finanziario, in stretta creditizia.

In buona sostanza, quanto dichiarato da Powell non ci coglie di sorpresa ma avvalora quanto scritto in tempi non sospetti.

Per quanto i mercati possano definirsi imprevedibili, esistono alcuni sviluppi che, pur caratterizzati da elementi distintivi, si ripetono con frequenza e finiscono quasi sempre per smentire le aspettative di chi sostiene che ‘questa volta sarà diverso’.

Riccardo Fracasso

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