Esistono diversi sondaggi che raccolgono il sentimento delle aziende ma, per quanto utili,  sono basati su parole e, si sa, non sempre quelle delle persone (nel caso, dei manager) sono accompagnate dai fatti.
 
E’ preferibile quindi esaminare un indicatore che non lasci spazio alle dichiarazioni ma ne dia a fatti concreti; e chi, meglio del tasso di disoccupazione, rappresenta il sentimento delle imprese?
 
Un’azienda che realmente crede nella ripresa economica, scommette su di essa ricominciando ad assumere dopo aver licenziato; al contrario, se pessimista, non offre lavoro.
 
Il grafico rappresenta il tasso di disoccupazione USA dal 2000 ad oggi.
 
 
Innanzitutto analizzando il grafico e confrontando l’andamento del tasso di disoccupazione durante la recessione con quella del 2008 si può notare la gravità di quest’ultima: in quella del 2001 (quando la bolla tecnologica intaccò l’economia) la disoccupazione salì da circa il 4% a poco più del 6%, mentre in quella più recente è balzata da circa il 5% ad un massimo di 10,1% toccato nell’ottobre 2009.
 
Tornando al discorso del sentimento delle aziende, il fatto che, nonostante l’aiuto delle misure espansive straordinarie (tassi di interessi a 0-0,25%, quantitative easing, ecc.),  la disoccupazione USA sia scesa di 1 solo  punto percentuale (da 10,1% agli attuali 9,1%) dimostra che la fiducia delle imprese per il futuro è a livelli bassissimi.
 
C’è di più: il lieve miglioramento si deve principalmente a lavori pubblici temporanei destinati a non esser confermati con i futuri tagli di bilancio.
 
Si potrà obiettare che la disoccupazione storicamente si muova in ritardo rispetto all’economia ma è da oltre 2 anni che le misure espansive degli Stati Uniti sono state adottate e gli effetti sulla disoccupazione dovrebbero essersi già visti da diverso tempo.
Insomma, le imprese non sembrano proprio crederci all’attuale ripresa USA.
 
Riccardo Fracasso
 

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