Venerdì scorso ho partecipato all’ormai consueta e divertentissima rimpatriata tra gli amici di una vita.
Hanno tutti pressapoco la mia età (ne compio 37 a dicembre), fase della vita in cui è lecito attendersi che una persona abbia già raggiunto una certa stabilità lavorativa. 
Aspettativa non delusa: delle undici persone sedute al tavolo vi erano tre liberi professionisti (incluso me), sette dipendenti con un contratto indeterminato e solo un amico con una posizione precaria.
Il ristorante era quasi pieno ed i prezzi, seppur non esorbitanti, non erano nemmeno bassi.
 
Serate così ti portano a domandarti dove stia la crisi.
 
Poi, però, lo stupore lascia il posto alla volontà di approfondire…di capire.
Allora, spostando lo sguardo alle persone di una generazione più giovane, ci si accorge che il quadro lavorativo si incupisce ed il numero di disoccupati e di precari sale notevolmente.
 
Certo, molti ristoranti sono pieni, ma mentre prima lo erano ogni sera ora tendono ad esserlo solo nel finesettimana.
Molte persone in cassa integrazione o che comunque hanno un lavoro precario non si fanno mancare la cena con gli amici, le ferie estive, ecc., ma dietro a quegli ‘sfizi’ ci stanno rinunce che ai più sfuggono.
 
La rinuncia più grande è quella della famiglia.
Se ci si sposa sempre più tardi e sempre meno, molte volte è perchè mancano i soldi per farlo.
Se molte coppie decidono di non avere figli o di averne solo uno, spesso è perchè le entrate non lo consentono.
A tal proposito, ecco quanto ha scritto un famoso trader italiano:

Perchè in Italia la maggioranza fa un figlio solo invece di due come succedeva fino al 1970? Perchè in realtà di persone da mantenere ne ha due come nel 1970, solo che una è il proprio figlio e l’altra è una tizia di 58 anni pensionata della Sip, Telecom, Comune, Regione o scuola media….
 
Giovanni Zibordi
 
Ma, qualcuno potrebbe  giustamente obiettare che, nonostante quanto scritto finora, la situazione non parrebbe poi così drammatica come raccontano i media.
Innanzitutto sarebbe da chiedersi che contraccolpo subiranno i consumi quando le varie situazioni di  cassaintegrazione inizieranno a scadere.
Poi, vi invito a salire in auto e mettervi in viaggio, armati di spirito di osservazione.
Vi accorgerete del  traffico (segnale di benessere), ma rivolgendo lo sguardo ai lati della strada,  noterete ovunque cartelli immobiliari con scritto ‘VENDESI’ o ‘AFFITTASI’, affissi da mesi (segnale di crisi).
Certo, le imprese edili continuano a costruire, ma i cartelli continuano ad aumentare. 
E fino a che gli impresari non necessiteranno di liquidità, preferiranno stringere i denti mantenendo invariati i prezzi nella speranza di tempi migliori, ma quando si ritroveranno con l’acqua alla gola, e capiranno che la crisi è solo che agli inizi, saranno costretti ad accontentarsi di meno.
E si sa, una pallina posta in un pendio prende velocità man mano che scende.
Ed è così che i prezzi crolleranno (negli ultimi mesi in alcune zone si sta già assistendo ad un lieve calo).
Inoltre, non aiuta la necessità delle banche di ricapitalizzarsi, che le porta ad erogare sempre meno crediti (quindi anche mutui).
La storia insegna che le crisi immobiliari anticipano quasi sempre quelle bancarie.
Gli istituti finanziari sono il cuore dell’economia, e se entrano in difficoltà riducono la propria funzione di credito e le imprese si fermano.
Ed un’economia in crisi significa anche minori entrate fiscali per lo Stato … Stato che, nel nostro caso,  versa già in condizioni drammatiche.
In tale situazione è frequente che si generi sfiducia da parte del mercato nei confronti del Paese, con conseguente aumento dei rendimenti dei titoli di stato, il cui deprezzamento, tra l’altro, andrà  a pesare sui bilanci degli istituti finanziari, acuendone la crisi.
E’ un circolo vizioso, dentro al quale ci troviamo e dal quale sarà molto complicato uscire.
Serviranno anni.
 
C’è un’altra considerazione da fare.
Finora, in Italia sono state varate tre manovre con l’obiettivo di risanare i conti: una a luglio, una ad agosto per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, ed una approvata dalla Camera proprio ieri, per cercare, tra l’altro, di recuperare la fiducia nei confronti del mercato.
Molti provvedimenti, seppur approvati, devono ancora entrare in vigore.
La Grecia insegna ciò che succede quando una manovra di rientro dal debito inizia a produrre i propri effetti.
A quel punto si che noi italiani vedremo ristoranti semivuoti, meno auto per le strade ed imprese edili che svenderanno quanto hanno costruito in questi anni.
 
 
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